VERSO UN’ ECOLOGIA
DELLA COSCIENZA
L’arte
dell’armonizzazione in una dimensione olografica
Lo
spunto che mi ha portato a considerare il concetto di ecologia della coscienza
mi è arrivato da una domanda di uno studente di counseling olistico: “Dove
vanno le energie negative quando ce ne liberiamo? Arrivano a qualcun altro?”.
Questa
acuta osservazione denota la consapevolezza di vivere in un mondo in cui siamo
tutti collegati l’uno all’altro da quello che si potrebbe definire un
denominatore comune che tutto sottende. Questa funzione di comune denominatore può essere espletata dalla coscienza, intesa come campo di informazione in cui si riflette l’essenza di ogni individuo.
La
coscienza di sé è un elemento da cui la relazione d’aiuto non può prescindere.
E’
paragonabile a uno schermo su cui possiamo proiettare un raggio di luce, che
rappresenta la nostra consapevolezza: più riusciamo ad ampliare quest’ultima,
più possiamo percepire la nostra vera essenza.Il percorso di crescita personale, vòlto alla riscoperta di chi siamo, implica l’individuazione dei fattori che al momento presente ci impediscono una libera e completa espressione della nostra natura più autentica, delle nostre potenzialità latenti.
E’
come se ci trovassimo nel giardino della nostra esistenza: a un certo punto ci
rendiamo conto di averlo trascurato e la vegetazione spontanea si è estesa
intorno a ciò che vi avevamo piantato.
Questa
gramigna che si è radicata nel nostro giardino è costituita da elementi che ora
rallentano la nostra evoluzione.
Per
coscienza ecologica intendo una coscienza pulita, libera da ridondanze e
condizionamenti limitanti, un’attitudine gentilmente omnicomprensiva, che non
rigetta niente a priori, ma che delicatamente va a esplorare i luoghi dove prendono
forma le nostre idee e le nostre convinzioni.
Può
darsi che il giardino sia ormai diventato un folto bosco in cui prosperano
ortiche e rovi. E’ giunto il momento di andare a vedere quali piante vi sono cresciute e di mettere in atto un processo di bonifica in cui sperimentare la nostra capacità di accogliere l’ignoto e di utilizzarlo come potenziale materia prima con cui plasmare nuove soluzioni di esistenza.
In
quanto professionisti della relazione trasformativa, possiamo contribuire a
bonificare il campo della coscienza attraverso la messa a punto di dinamiche che
favoriscono l’armonizzazione della persona.
Il
nostro raggio d’azione all’interno di questo processo va ben oltre le
quotidiane esperienze negli incontri con i nostri interlocutori, se prendiamo
in considerazione il punto di vista della scienza olografica, che ci ricorda di
come siamo tutti connessi da campi energetici, il più delle volte invisibili
agli occhi, ma condizionanti sul piano dell’espressione di sé.
L’applicazione
della teoria olografica alla spiegazione della percezione della realtà spetta a
due eminenti scienziati, il fisico David Bohm (Wilkes-Barre, Pennsylvania, USA,
20 dicembre 1917 – Londra, 27 ottobre 1992) e il neurofisiologo Karl Pribram
(Vienna, 25 febbraio 1919), che nel secolo scorso, indipendentemente l’uno
dall’altro e partendo da presupposti completamente diversi – l’uno dalle
particelle subatomiche, l’altro dal cervello umano – hanno intuito e formulato.
Secondo
tale teoria, nella più piccola particella esistente è rappresentata, in nuce,
tutta l’esistenza dell’Universo, cioè l’intero è rappresentato in ogni più
piccola sua parte.In ogni cellula del nostro corpo è contenuto il nucleo con il suo DNA, in cui sono trascritte tutte le informazioni relative alla struttura, micro e macroscopica, dell’intero organismo: ogni cellula è così connessa intimamente alle altre cellule e alla globalità del nostro essere, nello stesso modo in cui un microcosmo riflette un macrocosmo.
Nella stessa relazione l’uomo (microcosmo) è unito, come ogni altro essere vivente, all’intero universo (macrocosmo).
Nell’era
della coscienza, protagonista dell’evoluzione personale è in primo luogo la
percezione di sé.
Dai
silenziosi meandri della nostra atavica profondità risuonano gli echi
ancestrali di una domanda di fondo: chi siamo?Per scoprirlo conviene innanzitutto accertarsi della pulizia dei nostri filtri percettivi, che ci permettono di modificare la nostra interpretazione della realtà e di noi stessi.
Se, ad esempio, ci accade qualcosa di spiacevole, non possiamo cambiare l’evento, ma possiamo cambiare la prospettiva da cui lo vediamo, la nostra modalità di percezione, che è il filtro tra il vissuto e la coscienza.
Possiamo così armonizzare la nostra percezione di un evento, delle nostre proiezioni, dei nostri specchi, del modo in cui li abbiamo vissuti e da cui ancora a volte ci facciamo vivere.
La
pulizia dei filtri percettivi corrisponde, nella metafora del giardino divenuto
bosco, a una prima potatura: significa sfoltire il groviglio del fogliame e aprire
un varco che permetta alla luce di raggiungere la terra, così che possiamo
individuare i singoli tronchi, che hanno generato rami sempre più piccoli e
insidiosi.
Gli
elementi recisi possono essere trasformati da parassiti, succhiatori di forza
vitale, in compost, nuova energia e fonte di nutrimento: in altre parole, la
trasmutazione delle paure genera la saggezza necessaria per reinterpretare in
maniera ecologica la rete delle nostre relazioni.Quando sentiamo emergere pensieri, emozioni o sensazioni che producono un disturbo, a qualsiasi livello del nostro essere, chiediamoci se davvero vogliamo liberarcene.
Ci accorgeremo che è più vantaggioso adottare un atteggiamento profondamente accogliente e valutare l’opportunità di non rinunciare a un’occasione di conoscere qualcosa di nuovo, di entrare in contatto con ciò che in quel momento è presente, anche se ancora non sappiamo né cosa sia né in quale direzione si stia muovendo.
Per sciogliere le nostre resistenze, possiamo rivolgerci una serie di domande al fine di svelare le nostre verità più autentiche.
Cosa abbiamo da perdere?
Se non buttiamo via quell’energia, qual è la cosa peggiore che ci potrebbe capitare?
Ci potrebbe sopraffare? Già lo ha fatto.
Ci potrebbe condizionare? In che modo?
Ci potrebbe far star male? Già lo sta facendo.
Ci potrebbe bloccare? Può darsi che valga la pena fermarci per un attimo.
Ci potrebbe far perdere tempo? Che cosa rappresenta per noi il tempo?
Ci potrebbe uccidere? Quale parte di noi potrebbe uccidere?
Ci potrebbe annientare? Che cos’è il nulla?
Il
processo di esplorazione e armonizzazione delle paure produce una gamma di
riflessioni sulla coscienza tali da generare a loro volta armonia nella
percezione.
In
sostanza si tratta, da un lato, di scendere in profondità per portare alla luce
ciò che è ancora allo stato grezzo, al fine di conferirgli una nota di bellezza,
dall’ altro, di generare forme armoniose nei nostri spazi interiori, in modo
che questi possano trasformarsi da misteriosi labirinti in stimolanti percorsi
evolutivi.
“Esiste una spiaggia
dove convergono tendenze
all’assoluto
Libertà
Granelli di sabbia
come polvere di stelle
disegnano spirali
Dal vento trasportate
nelle onde penetrano
e illuminano gli abissi”
BIBLIOGRAFIA
-
Serena Forgittoni, Il counseling olistico oggi, Tesi di Master in counseling olistico,
2008.
-
Michael Talbot, Tutto è uno. L’ipotesi
della scienza olografica, Urra, Milano 1997.
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