martedì 18 ottobre 2011

VERSO UN' ECOLOGIA DELLA COSCIENZA


VERSO UN’ ECOLOGIA DELLA COSCIENZA

L’arte dell’armonizzazione in una dimensione olografica



Lo spunto che mi ha portato a considerare il concetto di ecologia della coscienza mi è arrivato da una domanda di uno studente di counseling olistico: “Dove vanno le energie negative quando ce ne liberiamo? Arrivano a qualcun altro?”.
Questa acuta osservazione denota la consapevolezza di vivere in un mondo in cui siamo tutti collegati l’uno all’altro da quello che si potrebbe definire un denominatore comune che tutto sottende.
Questa funzione di comune denominatore può essere espletata dalla coscienza, intesa come campo di informazione in cui si riflette l’essenza di ogni individuo.

La coscienza di sé è un elemento da cui la relazione d’aiuto non può prescindere.
E’ paragonabile a uno schermo su cui possiamo proiettare un raggio di luce, che rappresenta la nostra consapevolezza: più riusciamo ad ampliare quest’ultima, più possiamo percepire la nostra vera essenza.
Il percorso di crescita personale, vòlto alla riscoperta di chi siamo, implica l’individuazione dei fattori che al momento presente ci impediscono una libera e completa espressione della nostra natura più autentica, delle nostre potenzialità latenti.

E’ come se ci trovassimo nel giardino della nostra esistenza: a un certo punto ci rendiamo conto di averlo trascurato e la vegetazione spontanea si è estesa intorno a ciò che vi avevamo piantato.
Questa gramigna che si è radicata nel nostro giardino è costituita da elementi che ora rallentano la nostra evoluzione.
Per coscienza ecologica intendo una coscienza pulita, libera da ridondanze e condizionamenti limitanti, un’attitudine gentilmente omnicomprensiva, che non rigetta niente a priori, ma che delicatamente va a esplorare i luoghi dove prendono forma le nostre idee e le nostre convinzioni.
Può darsi che il giardino sia ormai diventato un folto bosco in cui prosperano ortiche e rovi.
E’ giunto il momento di andare a vedere quali piante vi sono cresciute e di mettere in atto un processo di bonifica in cui sperimentare la nostra capacità di accogliere l’ignoto e di utilizzarlo come potenziale materia prima con cui plasmare nuove soluzioni di esistenza.
In quanto professionisti della relazione trasformativa, possiamo contribuire a bonificare il campo della coscienza attraverso la messa a punto di dinamiche che favoriscono l’armonizzazione della persona.
Il nostro raggio d’azione all’interno di questo processo va ben oltre le quotidiane esperienze negli incontri con i nostri interlocutori, se prendiamo in considerazione il punto di vista della scienza olografica, che ci ricorda di come siamo tutti connessi da campi energetici, il più delle volte invisibili agli occhi, ma condizionanti sul piano dell’espressione di sé.

L’applicazione della teoria olografica alla spiegazione della percezione della realtà spetta a due eminenti scienziati, il fisico David Bohm (Wilkes-Barre, Pennsylvania, USA, 20 dicembre 1917 – Londra, 27 ottobre 1992) e il neurofisiologo Karl Pribram (Vienna, 25 febbraio 1919), che nel secolo scorso, indipendentemente l’uno dall’altro e partendo da presupposti completamente diversi – l’uno dalle particelle subatomiche, l’altro dal cervello umano – hanno intuito e formulato.
Secondo tale teoria, nella più piccola particella esistente è rappresentata, in nuce, tutta l’esistenza dell’Universo, cioè l’intero è rappresentato in ogni più piccola sua parte.
In ogni cellula del nostro corpo è contenuto il nucleo con il suo DNA, in cui sono trascritte tutte le informazioni relative alla struttura, micro e macroscopica, dell’intero organismo: ogni cellula è così connessa intimamente alle altre cellule e alla globalità del nostro essere, nello stesso modo in cui un microcosmo riflette un macrocosmo.
Nella stessa relazione l’uomo (microcosmo) è unito, come ogni altro essere vivente, all’intero universo (macrocosmo).
Nell’era della coscienza, protagonista dell’evoluzione personale è in primo luogo la percezione di sé.
Dai silenziosi meandri della nostra atavica profondità risuonano gli echi ancestrali di una domanda di fondo: chi siamo?
Per scoprirlo conviene innanzitutto accertarsi della pulizia dei nostri filtri percettivi, che ci permettono di modificare la nostra interpretazione della realtà e di noi stessi.
Se, ad esempio, ci accade qualcosa di spiacevole, non possiamo cambiare l’evento, ma possiamo cambiare la prospettiva da cui lo vediamo, la nostra modalità di percezione, che è il filtro tra il vissuto e la coscienza.
Possiamo così armonizzare la nostra percezione di un evento, delle nostre proiezioni, dei nostri specchi, del modo in cui li abbiamo vissuti e da cui ancora a volte ci facciamo vivere.
La pulizia dei filtri percettivi corrisponde, nella metafora del giardino divenuto bosco, a una prima potatura: significa sfoltire il groviglio del fogliame e aprire un varco che permetta alla luce di raggiungere la terra, così che possiamo individuare i singoli tronchi, che hanno generato rami sempre più piccoli e insidiosi.
Gli elementi recisi possono essere trasformati da parassiti, succhiatori di forza vitale, in compost, nuova energia e fonte di nutrimento: in altre parole, la trasmutazione delle paure genera la saggezza necessaria per reinterpretare in maniera ecologica la rete delle nostre relazioni.

Quando sentiamo emergere pensieri, emozioni o sensazioni che producono un disturbo, a qualsiasi livello del nostro essere, chiediamoci se davvero vogliamo liberarcene.
Ci accorgeremo che è più vantaggioso adottare un atteggiamento profondamente accogliente e valutare l’opportunità di non rinunciare a un’occasione di conoscere qualcosa di nuovo, di entrare in contatto con ciò che in quel momento è presente, anche se ancora non sappiamo né cosa sia né in quale direzione si stia muovendo.
Per sciogliere le nostre resistenze, possiamo rivolgerci una serie di domande al fine di svelare le nostre verità più autentiche.
Cosa abbiamo da perdere?
Se non buttiamo via quell’energia, qual è la cosa peggiore che ci potrebbe capitare?
Ci potrebbe sopraffare? Già lo ha fatto.
Ci potrebbe condizionare? In che modo?
Ci potrebbe far star male? Già lo sta facendo.
Ci potrebbe bloccare? Può darsi che valga la pena fermarci per un attimo.
Ci potrebbe far perdere tempo? Che cosa rappresenta per noi il tempo?
Ci potrebbe uccidere? Quale parte di noi potrebbe uccidere?
Ci potrebbe annientare? Che cos’è il nulla?

Il processo di esplorazione e armonizzazione delle paure produce una gamma di riflessioni sulla coscienza tali da generare a loro volta armonia nella percezione.
In sostanza si tratta, da un lato, di scendere in profondità per portare alla luce ciò che è ancora allo stato grezzo, al fine di conferirgli una nota di bellezza, dall’ altro, di generare forme armoniose nei nostri spazi interiori, in modo che questi possano trasformarsi da misteriosi labirinti in stimolanti percorsi evolutivi.




“Esiste una spiaggia

dove convergono tendenze

all’assoluto

Libertà

Granelli di sabbia

come polvere di stelle

disegnano spirali

Dal vento trasportate

nelle onde penetrano

e illuminano gli abissi”








BIBLIOGRAFIA

 

- Serena Forgittoni,  Il counseling olistico oggi, Tesi di Master in counseling olistico, 2008.
- Michael Talbot, Tutto è uno. L’ipotesi della scienza olografica, Urra, Milano 1997.







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