mercoledì 12 agosto 2009

Emozioni Danzando



TRANCE DANCE

di Serena Forgittoni


Per ogni stella che brilla nell’Universo,

c’è un cuore danzante in ognuno di noi


Ci siamo ritrovati in una grande stanza, tutti insieme. Ad attenderci un impianto hi-fi.
Non è stato un problema per nessuno indossare le bende per gli occhi che ci era stato detto di portare con noi. Privarsi della funzione della vista permette di vedere con i nostri altri sensi; inoltre in questo modo è più facile sentirsi nel corpo e percepirne anche i più sottili movimenti.
La presenza corporea, fisica, è, nella Trance Dance, il punto di partenza per un viaggio attraverso spazio, tempo e oltre. Durante questo viaggio si esplorano molte dimensioni, alcune più familiari, altre meno note, altre del tutto nuove.
Immaginiamo il nostro cervello come una radio: emette e riceve informazioni, sintonizzandosi su una vasta gamma di frequenze. Il bello è che sta a ognuno di noi scegliere la stazione. In ogni singolo momento.
Questo non era affatto un mistero per i nostri antenati, che abitavano il pianeta trentamila anni fa: lo sapevano e provavano profonda gratitudine verso lo Spirito, che concedeva loro questa magica facoltà.
Ora sembra sia diventato un segreto, un arcano che non si può svelare a chiunque, una stranezza di cui aver paura…
In realtà l’unico evento da temere è perdere questo Potere.
Prima di andare oltre, vorrei soffermarmi su queste tre parole: Spirito, Respiro e Potere.
Che cos’è realmente questo Spirito?
Lo Spirito Santo dei cristiani? Quel fantasma che vive nei castelli abbandonati e fa cigolare le porte? Quella cosa, che nessuno ha mai visto, di cui si nutrono i monaci buddhisti e che li rende “spirituali”? Il liquido che sta dentro ai pennarelli? La boccetta che si può acquistare via Internet dal sito della nostra cartomante preferita?
… Se qualcuno avesse riconosciuto lo Spirito in una di queste opzioni, farebbe una cosa utile a tutti frequentando un seminario intensivo di Trance Dance.
Non pretendo certo di dare la definizione di Spirito, ma vorrei volentieri condividere il mio punto di vista. Secondo me lo Spirito è il minimo comune denominatore della nostra realtà vera, in tutto il suo dispiegarsi, sin dalla cosiddetta notte dei tempi, fino a noi oggi, qui e ora.
Ognuno di noi costruisce il proprio labirinto.
Con la Trance Dance ci addentriamo proprio lì, nei sentieri che di continuo creiamo; e poiché, inconsciamente, di continuo li modifichiamo, il risultato è sentirsi persi. Allora l’invito più intelligente che possiamo fare a noi stessi è: chiudi gli occhi e respira!
Due grandi inspirazioni dal naso, una grande espirazione dalla bocca, aperta. Per tre volte.
Via con la musica per dare inizio alla danza sacra!
Sacra vuol dire senza illusioni e senza giudizio.
A dirla così è facile ed entusiasmante… In effetti è proprio così, è la cosa più bella: esprimersi esattamente come si vuole!
Durante la mia giornata di trance dance, a un certo punto mi sembrava di essere tornata, col mio corpo di ora, a quei pomeriggi in cui il mio passatempo preferito era saltare sul letto all’infinito. Il pavimento di legno sotto i miei piedi si muoveva davvero come fosse un materasso, atterravo e rimbalzavo contenta!
E questo non è incredibile o surreale: la spiegazione sta nel fatto che tutto quello che abbiamo visto, sentito, fatto, detto, tutto ha trovato una sua collocazione nei meandri, spesso estremamente remoti, del nostro labirinto.
Il Respiro è un mezzo molto potente attraverso cui possiamo accedervi, il ponte che collega la nostra dimensione quotidiana e conosciuta a tutti gli altri mondi possibili: quando ci sintonizziamo su una frequenza diversa da quella a cui siamo abituati, nuove sinapsi si attivano a livello neuronale, cambiano le onde emesse dal cervello, quindi anche la nostra percezione della realtà. Ciò che succede, praticamente, è una destrutturazione dell’abituale organizzazione del sistema psico-motorio.
Destrutturare significa eliminare ciò che di superfluo e pesante condiziona il nostro comportamento.
A seguito di questo processo, nel labirinto si vengono a creare spazi vuoti che permettono alla mente di godere di un più ampio respiro: come quando si aumenta la RAM di un computer, tutti i processi cognitivi si velocizzano e le informazioni trovano la giusta localizzazione nella rete neuronale.
Poiché tutto ciò che ci circonda emette un campo magnetico, l’orientamento delle cariche dello spazio vuoto appare in una configurazione nuova, che vuota non può restare, per cui continua ad attivare onde, quindi a creare eventi.
A questo punto la coscienza avrà già operato un, seppur piccolo, salto quantico, per cui il nostro filtro percettivo delle frequenze sarà cambiato e saremo più consapevoli della stazione su cui ci stiamo sintonizzando.
Immersi nel nuovo stato di esistenza, non siamo a disagio, perché sentiamo che qualcosa ci è familiare: infatti lo scopo della Trance Dance è farci tornare a casa, in compagnia del nostro essere veri.
La combinazione del respiro consapevole e del movimento libero del corpo fa sì che la mente smetta di correre qua e là – si prende una vacanza …! – e di distrarre la nostra attenzione, così possiamo entrare in contatto più profondamente con le nostre emozioni.
Ogni tanto, danzando, mi è capitato di fissarmi con la volontà e voler muovere una parte del corpo per scioglierla. Ma se ci si mette troppo a pensare a quello che si sta facendo, a come ci si sta muovendo, si perde il contatto con la musica, il che non è un fatto negativo, ma fa parte anch’esso dell’esperienza della danza prolungata, offrendo l’opportunità di allenarsi nella sospensione del giudizio.
Non esistono modi assolutamente positivi o negativi di danzare: ciò che conta è l’intenzione con cui ci si muove: nella Trance Dance l’intenzione è stare con se stessi. Dunque non ci sono controindicazioni, né effetti collaterali, c’è solo da guadagnare: consapevolezza, emozioni e condivisione di uno spazio sacro con altre persone.
Per molti l’ostacolo maggiore è rappresentato dalla vergogna, dalla paura di lasciarsi andare a movimenti inconsueti; per questo la benda agli occhi è molto utile, soprattutto all’inizio: noi non vediamo gli altri e gli altri non vedono noi.
In questo frangente succede una cosa che potremmo quasi definire magica: tutti si muovono e nessuno si scontra!
Spesso si dice che tramite la Trance Dance si accede al proprio Potere Personale.
Il Potere è qui inteso come capacità di agire consapevolmente per promuovere il benessere proprio e di tutti gli altri organismi. Non ha niente a che vedere con il potere inteso come tendenza dell’ego alla sopraffazione.
Dopo l’Era dei Maestri c’è l’Era del Sé, in cui ognuno può essere maestro di se stesso. Chi ci è già arrivato può facilitare il processo ad altri, che, a loro volta, trovando il proprio Potere, smettono di creare legami di dipendenza. Insieme si può contribuire ad armonizzare il campo di coscienza globale, planetario e trascendente.
Bisogna imparare a rispettare l’energia risvegliata dalla Trance Dance, perché, essendo una forza creatrice, così come può creare, può altrettanto facilmente distruggere.
Un discorso a parte andrebbe fatto riguardo a cosa si distrugge…, ma non se ne verrebbe a capo in breve…
Ricordiamoci sempre che danzando il proprio movimento, si danza il movimento cosmico…



Bibliografia:

Frank Natale, Trance dance, Ed. Era dell'acquario.

Sambro Marco Maria, Labirinti – Da Cnosso ai videogames, Roma, Castelvecchi, 2004).





AI CONFINI DELLA SESSUALITA’


E’ insita nell’uomo una spinta verso la conoscenza, che lo porta a relazionarsi con l’ambiente e con gli altri individui che lo circondano. Per fare ciò dispone di numerosi mezzi: i sensi, la mente, le sensazioni interiori, l’intuito, il corpo, la fantasia…
La sfera sessuale è uno degli infiniti campi in cui l’individuo cerca, esplora, trova, afferma, nega, costruisce, sperimenta la propria identità; è anche una realtà da cui non può prescindere e con cui si trova inevitabilmente a confrontarsi.
In occidente si è da tempo andato affermando e collaudando, come tramite per la conoscenza, il canale razionale, che porta la mente a osservare i fenomeni, cercando di definirli con spiegazioni coerenti in base alla logica di causa – effetto.
Tuttavia la sessualità, essendo alla base della vita stessa, è un fenomeno che di per sé non conosce i limiti entro cui si muove la mente razionale, non si lascia de-finire perché la sua essenza prende le mosse dall’ infinito.
Questa contrapposizione si riflette nella percezione che ogni individuo ha del sesso e nel modo in cui lo vive.
Ognuno di noi avrà avuto modo di constatare quanto sia alto il numero di persone che pensano che il sesso sia un argomento di cui è sconveniente parlare. Questa mancanza di comunicazione, oltre che minare il benessere delle coppie, è alla base di numerosi conflitti all’interno della stessa società.
Quante donne si sentono perseguitate dall’incubo della frigidità? E quanti uomini da quello dell’impotenza o dell’ansia da prestazione? Quanti discorsi si sono fatti su dimensioni e tempistiche? Quante volte si è cercato di definire il Desiderio, la Passione, il Pudore? Quante disquisizioni sulla Carne hanno fatto arrovellare menti laiche ed ecclesiastiche di ogni epoca? E quante definizioni condizionano il nostro comportamento?
In oriente l’uomo è andato incontro alla sessualità attraverso il tantra, disciplina antichissima che insegna a muoversi nel sesso; nel tantra è possibile andare oltre il piano sessuale dell'esistenza solo con la sua completa accettazione, utilizzando e spiritualizzando le proprie innate tendenze sessuali, verso una maggiore consapevolezza: infatti in sanscrito “tantra” significa proprio “metodo per ampliare la consapevolezza”.
Anche se praticando le tecniche tantriche diventiamo dei migliori amanti, questo non è l’obiettivo principale, quanto, piuttosto, un piacevole effetto collaterale; il rapporto con la sessualità è molto cosciente, rilassato, naturale e fare l’amore è considerato un atto sacro.

Orizzonti immaginativi

L’immaginario erotico può essere definito come la facoltà che l’essere umano ha di autoerotizzarsi mentalmente, attraverso la creazione di fantasmi1.
Tra immaginario sessuale e sessualità c’è la differenza che c’è tra il pensare e il fare.
Secondo Umberto Galimberti, docente di filosofia della storia all’Università di Venezia, ci sono due tipi di immaginario. Il più noto e frequente è quello che crea situazioni che il più delle volte non osiamo mettere in pratica: addentrandosi nei meandri del desiderio, si generano figure di eccitamento e seduzione, che seguono i sentieri delle passioni, gli impulsi, anche violenti, del pensiero-azione; l’individuo può scendere dall’altalena del pudore e della vergogna per lanciarsi nell’impetuosa corsa alla carne. Il palcoscenico di questa “messa in scena” si popola di personaggi che vanno, vengono, dicono, toccano, bramano. Questo tipo di immaginario è, per così dire, tutelativo: si può sperimentare la libertà di immaginare qualsiasi cosa a qualsiasi livello, si può fare e disfare, senza rischiare di far vacillare l’idea che abbiamo di noi stessi, nonché quella che pensiamo gli altri abbiano di noi.
Il secondo tipo di immaginario, pur essendo già, in qualche modo, presente archetipicamente nelle coscienze delle persone, è andato rafforzandosi e cristallizzandosi di pari passo all’evoluzione di quelle “scienze” che pretendono di definire l’uomo tout court: così, mentre antropologia, psicanalisi e sociologia imponevano distinzioni tra maschio e femmina, normalità e devianza, ordine e disordine, l’individuo ha finito con l’adottare i loro parametri e con l’impersonarne le proiezioni immaginarie, perdendo progressivamente il contatto con la propria natura e adottando la visione che della natura proponevano tali scienze. Potremmo definire questo secondo tipo di immaginario come un comportamento mentale codificato.
Questi due universi immaginativi, l’uno più attivo, l’altro, in un certo senso, subìto, si incontrano, convergendo verso un fine comune: tenere l’individuo a distanza dall’esperienza sessuale autentica, da quell’abisso ancestrale in cui anche una sola, e seppur sincopata, emozione ha un potere di sconvolgimento notevolmente maggiore rispetto alla più estrema figura dell’immaginario.

Contatto te, contatto me

Un giorno mi trovavo ad assistere a un convegno e uno dei relatori propose al pubblico di partecipare ad un breve esperimento. Eravamo seduti gli uni accanto agli altri e ci fu chiesto di chiudere gli occhi per qualche istante; fummo
poi invitati ad appoggiare le mani sulle gambe del nostro vicino, semplicemente appoggiarle e focalizzare la nostra attenzione sulla superficie di contatto. Ancora qualche momento a occhi chiusi e l’esperimento era finito. Allora ci chiese se avessimo percepito più distintamente la superficie del palmo della nostra mano o quella della gamba del vicino... Il fatto è che non c’era stata alcuna differenza di percezione delle le due superfici.
Per questo genere di percezione l’uomo è in grado di proiettare di fronte a sé un mondo sessuale, per cui accarezzare non è soltanto toccare, guardare non è solo vedere, sentire non è solo udire2.
Quando il nostro corpo desidera il contatto con un altro corpo, inevitabilmente desidera anche il contatto con se stesso: questo è uno di quei casi in cui non si sa se sia nato prima l’uovo o la gallina….
Nell’autoerotismo, ad esempio, si ha a che fare solo con il proprio corpo, lo si esplora, lo si conosce, si arriva a una certa soddisfazione, ma non si scopre la sessualità vera e propria, in quanto questa viaggia insieme al desiderio e quest’ultimo desidera che il mio corpo venga trasceso dal corpo dell’altro: ci si scopre esseri sessuati nel momento in cui si desidera l’altro. Quando l’altro mi se-duce (cioè mi conduce a sé) il mio corpo è inizialmente turbato dal fatto che in questo nuovo campo di gioco comune non valgono più le regole che valevano nell’autoerotismo: l’altro destruttura quell’ordine che fino a ora mi era familiare. Entra allora in gioco la passione, che è patire la presenza dell’altro che sconvolge la mia.
Quindi, il desiderio è la nuova esperienza che faccio del mio corpo, nel momento in cui scopro l’altro come corpo3.
L’aspetto forse più affascinante e insieme inquietante dell’incontro tra due corpi è una certa ambivalenza di fondo, che, secondo me, va presa con curiosità, e non con diffidenza: questa ambivalenza è rappresentata dalla carezza, la quale sta al desiderio come il linguaggio verbale sta al pensiero. Accarezzare il corpo di un altro non è la stessa cosa che passare la mano su una superficie inanimata, accarezzare il corpo di un altro modifica la stessa azione del mio accarezzare: quando la mia mano prende la mano di un altro è a sua volta presa da quella mano. In questa dinamica di dare e ricevere è insito un enigma, in quanto nessuno dei due conosce le intenzioni dell’altro e il senso o il non-senso dell’incontro si costituisce di momento in momento, sull’onda del desiderio.
Il corpo è il vero protagonista della nostra esistenza, rivela il modo in cui percepiamo e viviamo il mondo; invia continuamente, a noi stessi e agli altri, una sorprendente molteplicità e varietà di messaggi tramite il suo linguaggio non verbale: la postura, la gestualità, la prossemica, la mimica, la parafonia, gli stimoli subliminali (come gli odori).
Se molti cercano di conciliare realtà apparentemente distinte dell’essere umano, quella psichica, quella fisica e quella spirituale, il corpo dice nella sua unica presenza il proprio modo di essere al mondo.


L’invito, a questo punto, è quello ad andare oltre, a trans-gredire , a varcare la porta dell’ignoto e del misterioso, a lasciarsi alle spalle la soglia dell’immaginario, per accedere alla vera realtà e dare spazio e voce, tramite la propria sessualità, alla follia che regna sovrana in noi e non conosce codici né devianze, non giudica né classifica, semplicemente si esprime così com’è.





Note:

1 Willy Pasini, Claude Crépault, Umberto Galimberti, "L'immaginario sessuale", Raffaello Cortina Editore, Milano, 1988 – pag. 29.
2 Willy Pasini, Claude Crépault, Umberto Galimberti, "L'immaginario sessuale", Raffaello Cortina Editore, Milano, 1988 – pag. 127.

3 Willy Pasini, Claude Crépault, Umberto Galimberti, "L'immaginario sessuale", Raffaello Cortina Editore, Milano, 1988 – pag. 156.


Bibliografia:

Willy Pasini, Claude Crépault, Umberto Galimberti, "L'immaginario sessuale", Raffaello Cortina Editore, Milano, 1988.







martedì 11 agosto 2009


BENESSERE E CONSAPEVOLEZZA


2006


La biografia diventa biologia

La metamedicina prende in considerazione il flusso di energia vitale che permea e attraversa il corpo umano e che ne determina lo stato di salute: ci spiega come la nostra biografia diventi la nostra biologia, ossia come le esperienze, i pensieri, i condizionamenti di ognuno, da entità astratte come ce le immagineremmo, prendano una forma materiale e tangibile nei nostri corpi. Ogni istante della vita viene registrato nella nostra memoria emozionale, come anche ogni giudizio che esprimiamo, e ogni atteggiamento che assumiamo diventa una fonte di potere (o energia) positivo o negativo: se le emozioni negative arrivano a prevalere su quelle positive si manifestano i sintomi della malattia. Ad esempio la depressione è una forma inconscia di perdita di energia; una stanchezza continua, permanente, a cui è legata la perdita di lucidità mentale ed emotiva, è il sintomo a livello energetico di un problema fisico: la maggior parte delle persone non vi danno peso perché è un fenomeno indolore, ma riconoscere questo messaggio e rispondervi nella fase energetica evita in molti casi lo sviluppo della malattia a livello fisico.
Il punto fondamentale del rapporto tra malattia e guarigione è il diventare consapevoli della responsabilità che ognuno ha nei confronti di se stesso e di tutto ciò che ci circonda e renderci attivi nell’operare sulla nostra energia. Infatti il semplice accettare a livello mentale che ogni elemento della nostra vita (storia personale, familiare, rapporti con gli altri, sistemi di credenze...) influisce sul nostro sistema chimico – biologico è la prima fase del processo di guarigione, dopodiché è necessario integrare questa verità a livello fisico, cellulare: crederci e fidarsi delle proprie intuizioni.
Più diventiamo consapevoli dell’impatto della nostra vita interiore – emozioni, pensieri, proiezioni – più viene meno la concezione di un dio-genitore esterno dal quale dipendiamo e siamo giudicati: accettiamo amorevolmente la responsabilità di co-creare la nostra vita e la nostra salute.
Un atteggiamento molto efficace per rafforzare la nostra energia è iniziare a vivere nel famoso “qui e ora”, perché l’energia è potere e proiettarla nel passato, indugiando su esperienze dolorose, indebolisce il corpo nel presente, favorendo lo sviluppo di patologie.
La fisica quantica ha confermato l’essenza vibrazionale alla base della vita: l’energia vitale, quindi, non è statica, ma cinetica, si muove, viaggia, attraversa spazio e tempo e crea situazioni, incontri ed occasioni.
Attraverso la metamedicina possiamo imparare a decifrare il linguaggio del nostro essere elettromagnetico e a riconoscere gli effetti dell’energia emotiva, passata e presente, sulla salute fisica. Questa è una grande occasione che abbiamo per guarire riequilibrando il nostro sistema energetico seguendo indicazioni che derivano da tradizioni antichissime,
liberandole dai dogmi con cui spesso sono arrivate fino a noi e che ci hanno impedito di coglierne la semplicità nonché l’efficacia.
Come scrive Larry Dossey nel suo Meaning and Medicine, dobbiamo praticare la “medicina del terzo millennio”, terapie che combinino l’approccio fisico e spirituale, olistico e allopatico, per vivere nella salute fisica ed emotiva.

Il potere personale è fondamentale per la salute

Secondo l’autrice di questo libro è importante e utile vedere il sistema energetico umano come espressione del potere personale, inteso come la capacità di generare energia interiore e risorse emotive: i nostri schemi mentali e i nostri modelli di comportamento, sia positivi che negativi, sono un’estensione del modo in cui definiamo, usiamo o non usiamo il potere.
Dobbiamo individuare e valorizzare la nostra saggezza e la nostra creatività in modo da alimentare la nostra autostima per non cadere nella trappola della dipendenza: molte persone che proiettano la propria identità su cose esterne o delegano il potere ad altri si ammalano nel momento in cui perdono quel qualcosa o qualcuno.
Imparare a decodificare il linguaggio dell’energia comporta entrare in una visione simbolica della vita e attraverso questi simboli possiamo valutare le nostre dinamiche di potere, potendo fidarci della veridicità delle informazioni trasmesse dall’energia.
Caroline Myss ci dà alcuni utili suggerimenti per entrare in sintonia con la nostra saggezza interiore:
- interpretare in modo simbolico le sfide che la vita ci lancia; cercare di capire cosa ci fa perdere potere e in quale parte del corpo avvertiamo questa perdita, osservando i cambiamenti delle nostre attività biologiche e spirituali. Bisogna fare attenzione a non cadere nella trappola dell’illusione che ci porta a dare la responsabilità della nostra perdita ad un’altra persona, in quanto l’altro è sempre un riflesso di una parte di noi stessi, ed è qui che dobbiamo lavorare;
- pensare a noi stessi come esseri energetici (la biografia diventa biologia);
- fare esercizi di ascolto della nostra energia, percorrendo con l’attenzione il nostro corpo per individuare dove si localizzano le tensioni;
- se si avverte una carenza energetica è utile concentrarsi sulle cose essenziali che possono aiutarci a recuperare forza;
- fare riferimento alle “sette verità sacre” e organizzare il processo di guarigione interiore intorno all’apprendimento di quella verità che in quel momento vuole manifestarsi alla nostra coscienza;
- non crogiolarsi nei propri problemi, perché il vittimismo può solo peggiorare la nostra condizione;
- sostenere il corpo fisico con esercizi, sana alimentazione e medicine appropriate per il momento; e il corpo energetico con sentimenti positivi (ad esempio perdonando qualcuno verso cui nutriamo rancore, o portare a conclusione questioni rimaste in sospeso, o, ancora, mettere fine a situazioni non più compatibili con il nostro cammino);
- rendersi conto se il fatto di guarire ci spaventa ancor di più della malattia stessa;
- semplificare le nostre vite e individuare l’essenziale;
- capire che solo noi possiamo renderci felici, non affidare a nessun altro questo compito;
- imparare qualcosa da ogni esperienza, visto che niente di ciò che dobbiamo affrontare è inutile, ma ogni situazione contiene un messaggio per la nostra crescita;
- imparare a seguire il flusso del cambiamento invece di opporvi resistenza, visto che l’unica cosa che nel mondo non cambia è il cambiamento.


Fatti a immagine di Dio

La domanda più importante che ognuno di noi si è sempre posto nel corso della storia riguarda lo scopo che un individuo ha nella vita.
Proprio per trovare una soluzione a questo grande interrogativo, molti di noi hanno intrapreso un cammino spirituale.
La prospettiva olistica ci insegna che esistono corrispondenze non trascurabili tra microcosmo e macrocosmo.
“Anatomia dello spirito” delinea un interessante modo di comprendere i sette centri energetici principali del corpo umano, combinando i concetti di “potere” delle tradizioni ebraica, cristiana, indù e buddhista, che convergono in sette verità spirituali universali: presenta un parallelismo simbolico tra i sette chakra, i sette sacramenti e l’albero della vita della cabala, con le sue sefirot.
Le sette verità sacre che queste tradizioni condividono sono alla base del nostro potere spirituale e ci indicano come dirigere la forza vitale che attraversa i nostri sistemi: di fatto noi incarniamo queste verità nei sette centri di potere. Le possiamo considerare come una mappa per il viaggio della vita impressa nella nostra conformazione fisica.
E’ molto bello comprendere il messaggio espresso nel libro della Genesi con la frase “Adamo fu creato a immagine di Dio”: significa che le persone sono “copie” energetiche di un potere divino, un sistema di sette energie primarie di cui dobbiamo esplorare e sviluppare la verità attraverso l’esperienza che è la vita: la nostra missione spirituale consiste nell’imparare ad equilibrare le energie del corpo e dell’anima, del pensiero e dell’azione.
Vedere i propri problemi all’interno di una cornice spirituale attribuisce un significato e uno scopo alle crisi: le malattie aiutano a capire se stiamo usando in modo corretto o meno il nostro potere personale e se stiamo dando il giusto orientamento al nostro spirito; il nostro corpo contiene un sistema immanente per la guarigione.
La sorgente di coscienza dell’uomo è considerata divina dalla maggior parte delle tradizioni religiose e culturali, dall’antica Grecia all’induismo, dalla tradizione cinese a quella maya; nella tradizione orientale la giustizia divina è la legge del karma, in quella cristiana si evince dai precetti evangelici (recuperati nel loro significato originale).


Il potere simbolico dei sette chakra

Il sistema dei chakra è una descrizione archetipica della maturazione individuale attraverso sette stadi distinti, ognuno dei quali porta in sé una lezione di vita spirituale universale.
Questi centri energetici sono allineati in verticale, dalla base della colonna vertebrale alla sommità della testa: tale disposizione suggerisce, o conferma, la direzione ascendente verso il divino.
Quando una persona arriva a dominare l’energia di un chakra acquisisce una conoscenza di sé che diventa parte integrante del suo spirito che la fa progredire lungo il percorso verso la consapevolezza spirituale, il classico “viaggio dell’eroe”.
La malattia deriva da una gestione inconsapevole dell’energia dei chakra.
Le lezioni di vita che i chakra rappresentano possono così essere riassunte:
1° chakra: lezioni relative al mondo materiale
2° chakra: lezioni relative alla sessualità, al lavoro, al desiderio fisico
3° chakra: lezioni relative all’ego, alla personalità e all’autostima
4° chakra: lezioni relative all’amore, al perdono, alla compassione
5° chakra: lezioni relative alla volontà e all’espressione del sé
6° chakra: lezioni relative alla mente, all’intuizione, all’introspezione, alla saggezza
7° chakra: lezioni relative alla spiritualità.


Il potere simbolico dei sette sacramenti cristiani

Dal punto di vista simbolico il significato dei sacramenti cristiani ha una chiara corrispondenza con quello dei chakra.
I sacramenti sono legati a cerimonie sacre in cui l’individuo acquisisce specifiche qualità di grazia, o energia, divina.
Sono anche concreti nell’indicare ciò che dobbiamo fare nei momenti cruciali della vita per accettare la responsabilità personale richiesta dalla maturità spirituale; rappresentano il potere che dobbiamo dare e quello che dobbiamo ricevere dagli altri.
Queste tappe possono essere così schematizzate:
Battesimo: rappresenta la gratitudine per la vita nel mondo fisico (non solo quella del bambino, ma anche quella dei genitori)
Eucarestia: rappresenta l’unione sacra con Dio e con tutti gli altri esseri umani
Cresima: rappresenta l’accrescimento dell’individualità e dell’autostima
Penitenza: rappresenta la purificazione dello spirito da atti di volontà negativi
Matrimonio: rappresenta il riconoscimento e il rispetto del fondamentale bisogno di amore e cura di sé, allo scopo di poter amare pienamente un’altra persona
Ordine: rappresenta il desiderio di rendere sacro il proprio cammino di servizio
Estrema unzione: rappresenta la conclusione delle questioni irrisolte durante tutta una vita, permettendo alla persona di essere nel tempo presente.


Il potere simbolico delle dieci sefirot

L’albero della vita della cabala è composto da dieci sefirot, che descrivono altrettante qualità della natura divina: poiché tre di esse sono accoppiate ad altre tre, i livelli complessivi sono anche qui sette.
Le sefirot sono interpretate sia come l’essenza di Dio sia come il cammino mediante cui l’uomo può tornare a Dio.
Nella rappresentazione le radici dell’albero sono verso il cielo, a simboleggiare il percorso con cui Dio creò l’uomo a propria immagine: in questo caso le sefirot sono disposte (e questa è l’unica differenza rispetto ai chakra ed ai sacramenti) in ordine decrescente a partire dalla sommità dell’albero.
I nomi più comunemente usati per le sefirot – e il loro significato simbolico – sono, in breve, i seguenti:
Keter: è la parte del divino che induce la manifestazione fisica.
Coppia Hokhmah – Binah:
Hokhman: saggezza, punto di contatto tra la mente divina e il pensiero umano;
è caratterizzata da un tono maschile, bilanciato dalla sua controparte.
Binah: comprensione ed intelligenza di Dio, la Madre divina, l’utero che predispone alla nascita.
Coppia Hesed – Gevurah:
Hesed: amore, misericordia, grandiosità divina (braccio destro di Dio)
Gevurah: potere, giudizio e punizione divini (braccio sinistro di Dio)
Tif ’eret: compassione, armonia, bellezza (il cuore dell’albero, di Dio)
Coppia Nezah – Hod: sono anche la sorgente della capacità profetica:
Nezah: forza di Dio (gamba destra di Dio)
Hod: grandezza di Dio (gamba sinistra di Dio)
Yesod: la forza procreatrice di Dio, che immerge l’energia nella forma fisica
(il fallo di Dio)
Shekinah: il femminile, la forza vitale radicata, fonte di nutrimento per tutto ciò che vive; controbilancia il maschile di Yesod.
Quando Tif ’eret e Shekinah sono unite l’anima si risveglia e inizia il viaggio mistico.
Anche le sefirot rispecchiano una mappa dell’evoluzione spirituale umana e individuale.


Punti di incontro

Queste tradizioni spirituali e i princìpi della metamedicina hanno in comune tre verità:
1. Indirizzare in modo sbagliato, o inconsapevole, il potere dello spirito genera conseguenze sul corpo e sulla vita.
2. Ogni essere umano deve affrontare una serie di sfide che si presentano sotto forma di disintegrazione del potere fisico (perdita di salute, di denaro, di potere materiale); queste prove spingono le persone a dare un significato più profondo alle proprie esperienze.
3. Per stabilire il proprio equilibrio è necessario tornare al momento presente.
In tutte e tre le tradizioni il mondo fisico è visto come al servizio dell’evoluzione del nostro spirito; le prove che ci si presentano seguono uno schema ben preciso, che paradossalmente chiamiamo “caso”.


Le sette verità sacre
Quelle che seguono sono le sette verità sacre che si possono desumere dalle tradizioni qui prese in esame. Le prime tre riguardano il potere esterno, le successive quattro il potere interiore dell’essere umano.
Ad ogni verità corrisponde un punto di fusione tra chakra, sacramenti e sefirot.

1. 1° chakra (Muladhara) – Battesimo – Shekinah: Tutto è Uno.
2. 2° chakra (Svadhisthana) – Eucarestia – Yesod: Onora il tuo prossimo.
3. 3° chakra (Manipura) – Cresima – Hod/Nezah: Onora te stesso.
4. 4° chakra (Anahata) – Matrimonio – Tif’ eret: L’amore è il potere divino.
5. 5° chakra (Vishudda) – Penitenza – Hesed/Gevurah: Rimetti la volontà personale alla volontà divina.
6. 6° chakra (Ajna) – Ordine – Binah/Hokhmah: Ricerca solo la verità.
7. 7°chakra (Sahasrara) – Estrema unzione – Keter: Vivi nel momento presente.



Al momento della nascita già conosciamo queste sette verità sacre, ne siamo una versione biologica; anche se passano a livello inconscio, prima o poi si risvegliano in noi e iniziamo a percepirle, crescendo ne comprendiamo in modo sempre più chiaro e profondo il contenuto e diventiamo sempre più capaci di interpretare il loro contenuto simbolico e archetipico. Mentre l’interpretazione letterale genera separazione, quella simbolica ci unisce:impariamo la visione simbolica rivolgendo l’attenzione al nostro mondo interiore e qui scopriamo, o riscopriamo, che siamo tutti uguali e affrontiamo tutti le stesse sfide spirituali.
Ancora una volta la prospettiva olistica vince.


Bibliografia:
Caroline Myss, Anatomia dello Spirito - I sette livelli del potere personale.

martedì 4 agosto 2009

Il Tempo. Sì, ci circonda così tanto che quasi, diremmo, ci comprime.
La Tecnologia, anch’essa ci circonda e ci comprime. Però anche ci decomprime.
Il Suono. La Dolcezza. La Culla. La Tenerezza. L’Amore. Il Sussurro. Il Movimento.
La Presenza implica almeno tre coordinate: il Tempo, lo Spazio, sia concreto che virtuale, l’Osservatore.
Ci sono, poi, gli Stimoli. Saltando il discorso riguardo a chi li crea e li modifica, ci sono.
Ci sono perché li percepiamo o ci sono perché comunque ci sarebbero?
Parole, Pensieri, Concetti. Ci sono tutti. Siamo tutti a bordo? Ok. Allora si parte!
Caspiterina, la Fermezza! Allora ok, ci siamo tutti. Qualcuno di noi ha dimenticato Qualcosa?
Guarda, meglio non chiederselo. Quello che è fatto è fatto e questo è come facciamo le cose noi!
Anche alcuni Punti Deboli hanno acconsentito ad accompagnarci. Sarà che senza di noi si sarebbero troppo annoiati.
La Tecnologia è lanciata, le Telecomunicazioni assaporano gli avvisi di chiamata alla diffusione capillo-globale, Internet supporta, i Satelliti girano intorno.
"Aho! ma che Qualcuno, per caso, ha visto un Centro?"
Silenzio.
Il Tempo. Non c’è Tempo. Diavolin dei diavoletti, non c’è Tempo!
Lo sapevo che tanto all’ultimo momento...
Il Tempo, proprio il Tempo, e che ci stiamo a fare tutti qui e ora allora se ogni volta è la stessa ora e ti dicono che Tempo non c’è?
"Ma da qualche parte starà pure… ".
"Lascia stare Dove, che se si mettono insieme, quei due…"
"Allora? Qui abbiamo terminato sia l’Attesa che la Pazienza!!!" grida Qualcuno.
Bene! Allora… si parte!
Vai con un po’ di Musica, va!
Emozione, Fatica, Accordi. Pensieri indaffarati in cucina. Contemplazione dorme ancora.